Cosa c’è nella voce di Orfeo? Dov’è Euridice? Esiste un genere o sottogenere della poesia moderna in cui il soggetto in lutto tenta di ricostruire un ordine inserendo i suoi frammenti di memoria all’interno di una struttura organizzata: sono i canzonieri in morte, serie di poesie composte per la persona amata e tragicamente perduta. Questo studio indaga come il linguaggio della lirica si confronta con il buco del senso spalancato nell’io dalla morte del tu e con l’assenza di un (s)oggetto del desiderio che, prima di farsi contenuto del discorso, è un essere umano appartenente alla sfera del reale e della vita privata del poeta. Al momento di essere tradotto nella poesia quel corpo manca già ai sensi, si dà già come immagine di sé nella memoria, e l’opera è quindi chiamata a gestire un lutto che la precede. La parola può ancora (ri)costruire l’intimità di un dialogo o si può solo fermare alla pura invocazione disperata del nome? Cosa spinge il soggetto a voltarsi a (ri)guardare quel che lo (ri)guarda? E il lettore, che non ha condiviso tale amore e adesso può essere solo un destinatario esterno della parola che lo dice, come trova posto al suo interno? Orfeo ed Euridice, la mitica coppia di tragici amanti, fanno da guida in un percorso che dai celebri archetipi di Dante e Petrarca si muove verso le diverse voci di sette poeti contemporanei: Eugenio Montale, Milo De Angelis, Ted Hughes, Mark Doty, Douglas Dunn, Gabriela Mistral e Patrizia Valduga, cercando di far emergere un modello di discorso che possa ospitare le tracce di quel che è stato perduto e una possibile relazione poetica ed etica con la singolarità ormai assente.
Collana Filosofia al presente
pp. 488
ISBN 978-88-87132-99-1
euro 22,50